RECENSIONE "Mi ero solo dimenticata di vivere" di Selene Piana

Titolo: Mi ero solo dimenticata di vivere
Autrice: Selene Piana
Editore: Self publishing
Genere: Narrativa
Prezzo cartaceo: 11,00 €
Prezzo ebook: 2,99 €
Data pubblicazione: 1 dicembre 2017
Pagine: 362


Settembre. Il profumo del mare raggiunge la stazione di Porto Maurizio, dove Vera sta aspettando il treno. Ha trentacinque anni e vuole uccidersi. Non c’è niente a tenerla legata a quella vita: né un lavoro, né amici, né amore. È convinta di non avere altra scelta. Finché Beatrice, una donna anziana che le impedisce di saltare sui binari, non le fa capire quanto tempo abbia ancora per rimediare. Vera ha scritto una lettera per ogni persona della sua vita, ed è proprio partendo da quelle parole che riprende a vivere. Contatta Barbara, la cugina a cui era legata e che non sente da anni; decide di partire per un viaggio con Beatrice, che continua a frequentare; riprende a cercare lavoro, e sarà proprio cercandolo che conoscerà Daniele, il proprietario di una libreria, che decide di assumerla. Almeno una volta al mese il suo capo sparisce per qualche giorno, senza dirle dove va, e affidandole il gatto. Vera si sente attratta da lui, ma ha paura. È troppo presto per ricominciare a vivere?


Cari lettori, con questa recensione parliamo di "Mi ero solo dimenticata di vivere" di Selene Piana. La protagonista è Vera, una giovane donna che ha deciso di farla finita, di togliersi la vita, perché non riesce più ad andare avanti ma una mano la ferma, la salva. La mano è di Beatrice, una signora anziana con cui Vera instaura un rapporto di amicizia, il suo primo vero rapporto umano dopo molto tempo. Vera cerca di risollevarsi, di farsi coraggio per affrontare la vita. Comincia proprio dalle lettere di addio che aveva scritto, le esamina, cerca di capire il perché si sente così nei confronti di queste persone che voleva lasciare per sempre.

“Sentì di piangere e si chiese perché. Era ancora viva, aveva ancora tempo per fare tutto ciò che non aveva fatto, per riprendere in mano quelle lettere e usarle per cambiare il suo futuro. 
Perché di una cosa era sicura: sarebbe uscita dalla gabbia. 
E non ci sarebbe più tornata.”

Non è facile tornare a vivere dopo che si è pensato a un gesto così definitivo e grave, ma Vera ci prova. Grazie al sostegno e ai consigli di Beatrice trova il coraggio addirittura per contattate sua cugina e di cercare un lavoro. Così incontra Daniele, ma non è disposta a raccontargli le sue debolezze e il suo passato, però si sente attratta da lui e ne è spaventata. Anche lui nasconde un segreto che Vera è decisa a scoprire.

Tutta la narrazione si svolge attorno a Vera e alla sua rinascita, presentandoci le persone che hanno influenzato la sua vita in positivo e negativo. Il suo è un duro percorso per trovare il coraggio di reinventarsi, di mettersi in gioco, di vivere. La volontà di Vera di togliersi la vita era guidata dalla depressione, un tema molto sensibile e trascurato. Tutti hanno delle difficoltà, dei momenti no, ma per qualcuno diventano una malattia che li allontana dal mondo, perfino da loro stessi.

Questo libro insegna che basta poco per aiutare, una parola, un sorriso, una minima considerazione e si può interrompere un loop mentale pericoloso per tutte le persone come Vera. Ma molte dovranno farlo da sole, dovranno avere la volontà di andare avanti, fidarsi e continuare a vivere.

“Il suicidio, ora che riusciva a vederlo per quello che realmente era, non serviva per liberarsi, non spezzava le catene, non dava la pace. Era un mostro. Un mostro cattivo, come quelli che si annidano sotto i letti dei bambini, che li terrorizzano ogni notte, finché non vincono. Il suicidio era uno che non amava perdere. Ma con lei lo aveva fatto; Vera lo aveva sconfitto decidendo di andare avanti, capendo che non sarebbe stata una soluzione, ma solo l’ennesimo problema per la sua famiglia. No. Essere forti è combattere. E Vera la sua battaglia l’aveva appena iniziata.”

Sebbene questa storia porti a riflettere e sia piena di significati, e nonostante la scrittura semplice ma corretta, non è riuscita a coinvolgermi completamente. Spesso sono presenti troppi dettagli che dilungano la narrazione rendendola poco stimolante. Anche se ho compreso il motivo del soffermarsi sui gesti quotidiani, sul cambio d’abito, etc, che sono tutti piccolo grandi segnali di guarigione, hanno determinato un calo di interesse da parte mia. Quel pizzico di mistero che aleggia attorno a Daniele, e anche a Beatrice, ha reso la lettura meno piatta, ma, purtroppo, non sono riuscita ad apprezzare a pieno questa storia a causa del ritmo poco incalzante. 
Ho apprezzato molto i riferimenti artistici e letterari che ci dicono di più sulla personalità di Vera e stimolano l’immaginazione. 

“Vera decise di affrontare la sua seconda paura, oltre a quella della paura stessa: la sua immagine riflessa. 
Sapeva di non essere come la Donna di Eckersberg , in piedi di fronte a uno specchio, ma se non voleva tornare su quella banchina , ad aspettare un altro treno, doveva imparare a guardarsi, ad apprezzarsi e a volersi bene.”

“Le persone perfette non combattono, non mentono, non commettono errori e non esistono. (Aristotele)       
Fai almeno una volta al giorno una cosa che ti spaventi. (Eleanor Roosevelt)”

Avrei preferito un maggior approfondimento psicologico ed emotivo vista l’importanza del tema. Non che non siano presenti questi aspetti, ma mi aspettavo qualcosa in più. Ho visto un enorme potenziale in questo libro, che però, ho la sensazione non sia stato sfruttato a pieno. Sono molto combattuta mentre scrivo perché avrei voluto dare molti libri in più, ma per tutti i motivi sopra citatati mi trovo a doverne dare 3,5. 
Lo consiglio a chi è interessato agli argomenti trattati.

Buona lettura!





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